Immergersi nella lettura delle vicende dell’assistente sociale Haberman e di Brodski
“… un ritardato a basso quoziente intellettivo … Ha vestigia di braccia e gambe e alla nascita aveva un pianto acuto e snervante che somigliava al miagolare di un gatto …”
è un’esperienza orribile per vari motivi.
Orribile come il personaggio di Haberman: un frustrato depresso che sfoga tutti i suoi fallimenti nel cinismo e nel nichilismo.
“Non c’è niente di più difficile del weekend … a ucciderci non è il fatto di essere soli, ma di ritrovarci con noi stessi. Un’intera metafisica della distrazione si è sviluppata per rallentare la progressione di questa malattia terminale: andiamo a fare jogging, mangiamo, guardiamo la televisione, leggiamo i settimanali, fornichiamo, andiamo al cinema … pur di sfuggire a noi stessi.”
Orribile come il piano di Haberman: conosciuto Brodski e la sua vena artistica impossibilitata dalle menomazioni fisiche e dalle attenzioni possessive della madre adottiva, si dedica con ossessione a liberarla e a farla esprimere solo per il successivo sadico piacere, travolto da una enorme gelosia, di reprimerla un’altra volta:
“Non appena comincia a dipingere entra in una sorta di trance … E’ felice, ne sono certo … in quelle ore lo invidio. Lo odio. Quanto più diventa un tutt’uno con la sua arte, tanto più mi rendo conto del significato che un lavoro vero avrebbe potuto avere nella mia vita.”
Orribile come la consapevolezza che c’è un Haberman in ognuno di noi: cinismo, cattiveria mista a quel terribile delirio di onnipotenza che si esprime ogni qual volta pensiamo di possedere o dominare qualcosa o qualcuno. Noi, piccole meschine divinità, che viviamo della distruzione di ciò e di chi ci circonda:
“Dev’essere stato allora che Dio ha capito di essere Dio, non quando ha creato il mondo, ma quando lo ha distrutto, lo ha massacrato … è per questo che alla fine ci uccide, perché diventa immortale quando noi moriamo. Vive per sempre solo perché noi cessiamo di essere.”
Suggerirvi di leggere Kalich è un atto irresponsabile, sconsigliarlo sarebbe altrettanto. “L’urlo del gatto” è uno di quei libri che vi segnerà a vita, che vi piaccia o meno.
“L’urlo del gatto” – Kalich Richard – Meridiano Zero – pag. 173