Helsinki, estate 2019.
Una mostra dedicata all’incontro di due realtà fisicamente e culturalmente così distanti, ma con apparenti punti di contatto. Scandinavia e Giappone.
Mi piace immaginare che il fatto che io abbia portato con me in quel viaggio due brevi romanzi di autori giapponesi, non sia solo un caso bensì una chiara volontà del destino.
Se iniziassi ora una serie di elucubrazioni mentali per cercare un senso a tutto questo, commetterei però lo stesso “reato” di cui “accuso” i due autori giapponesi nelle recensioni; vi invitato pertanto a proseguire nella lettura.
Di sicuro ho appreso una nuova nozione; il concetto chiave nella cultura giapponese del wabi-sabi che:
“… si riferisce all’imperfezione, alla bellezza modesta e alla effimerità della vita. La bellezza imperfetta è rispettata nella cultura giapponese; un oggetto difettoso non è necessariamente visto come un fallimento.”
Tale concetto è perfettamente applicabile al caso delle mie due letture estive.
Un’estate con la Strega dell’Ovest
Ci sono tutti i cliché tipici della letteratura femminile (ed in parte di quella maschile) giapponese moderna in questo libro del 1994, riproposto con l’aggiunta di tre nuovi racconti “spin off” della storia principale. Romanzo di formazione, intriso di paure del crescere e dell’invecchiare, del vivere e del morire, il tutto condito con nostalgici ricordi e le solite melense delicate retoriche frasi ad effetto.
Nulla che possa più stupire, né appassionare.
Fanno eccezione l’ottima ricercatezza nelle descrizioni botaniche ed il racconto dedicato al cane di famiglia “La storia di Blackie”, che rappresenta sicuramente la parte migliore del libro.
“Un’estate con la Strega dell’Ovest” – Kaho Nashiki – Feltrinelli- pag. 141
Se i gatti scomparissero dal mondo
L’idea, seppure non originalissima, risulta interessante per come viene sviluppata. Sei malato di un tumore non curabile ed il diavolo ti si presenta avvisandoti che domani sarà il giorno della tua dipartita.
Diabolico come solo lui sa ovviamente essere, ti propone di far scomparire qualcosa dalla faccia della terra (a sua scelta!) per guadagnare un giorno di vita in più.
Accetteresti?
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte pagine e pagine di stantie, retoriche e “diabetiche” considerazioni sulla morte e sul senso della vita.
Il racconto di Genki Kawamura ha però due pregi che lo rendono una lettura consigliabile soprattutto in quelle fasi di defaticamento successive a letture estenuanti o troppo impegnative.
Il primo pregio è quello di essere breve. Non si annega tra le troppe banalità, anzi ci si diverte quasi ad affrontare i dilemmi del protagonista in chiave personale: quali sono le dieci cose che faresti prima di morire? Chi chiameresti se ti fosse concessa un’ultima telefonata? Quale film vedresti? Ma soprattutto, elimineresti i gatti dalla faccia della terra???
Il secondo pregio è che il vero protagonista del romanzo è un gatto (tralasciamo il fatto che abbia un orribile nome: “Cavolo”) che riconduce tutte le fisime del non-protagonista umano alla dura realtà.
“Come cambierebbe il mondo? … Se io scomparissi dal mondo, intendo. Il mondo non cambierebbe di una virgola e tutto andrebbe avanti allo stesso modo, giorno dopo giorno?”
“Si, non cambierebbe di una virgola” – risponderebbe il gatto.
“Se i gatti scomparissero dal mondo” – Kawamura Genki – Einaudi- pag. 177