Il giorno del diavolo


Avete voglia di fare un viaggio nella brughiera inglese rimanendo comodamente seduti sulla poltrona di casa? Volete provare la sensazione dell’umidità e del freddo che vi pervade nelle ossa mentre vi state godendo finalmente questo primo scampolo di estate? Leggetevi allora “Il giorno del diavolo”.

Se pensate che da una storia “inutile” non possa nascere una vera opera letteraria, allora vi sbagliate di grosso. 

“A Underclough non cambiava mai niente. Non succedeva mai niente. I titoli che andavano e venivano dalla bacheca della “Lancashire Gazette” piazzata davanti all’emporio di Wigton si limitavano a ripetere quello che tutti sapevano già: che altrove c’era sempre un posto dove succedevano le cose peggiori.”

… e così in questo libro non succede mai niente, o meglio, sembra che ogni volta stia per succedere qualcosa, ma poi …!

Hurley ti fa salire sulle sue montagne russe, parte piano, accelera e prende velocità per scalare una salita vertiginosa. Quando stai arrivando in cima e sei pronto per gettarti nel vuoto, cosciente del fatto che tutti i tuoi organi vitali ti saliranno fino in gola, ecco che in realtà inizia nuova salita, e così per tutto il libro in un gioco sadico di cui Hurley è maestro ed indiscusso signore.

“Il problema è che nelle Endland una storia pretende che se ne racconti un’altra e poi un’altra ancora, e in ognuna di esse il Diavolo ha il suo ruolo.”

… e il diavolo sa come prendersi gioco di noi, anche perché è in ognuno di noi.

“Mi aveva detto spesso che anche in asilo c’erano problemi. Non era tutto canzoni e arcobaleni da dipingere. Ma era convinta che i bambini fossero innocenti pappagalli dei pregiudizi dei genitori. La cattiveria non era innata.

Bè, non aveva visto cosa mi faceva Lennie Sturzaker a scuola. No, certi bambini sono come i maiali nel bosco. Fiutano le debolezze come se fossero tartufi.”

Hurley riesce a creare tensione dove tensione non può esistere. È assurdo come il lettore provi un’inquietudine crescente leggendo una semplice saga familiare di paese costellata ogni tanto di eventi misteriosi come incendi, morti inspiegabili, sette massoniche, nebbia, buio, neve e tanto freddo. Un’inquietudine trascinata da ossessioni dal ritmo decisamente … ossessivo.

Odierete John Pentecost per la sua fisima di voler tornare a vivere nella sua casa di origine e per il lavaggio del cervello a cui sottoporrà la sua giovane moglie dall’inizio alla fine del libro.

“Appena è nato, la fattoria è stata sua; esattamente com’era stata mia quando mamma mi aveva messo al mondo.”

Odierete suo padre ed il padre di suo padre per la loro fissazione sullo stato di salute del montone (si sto parlando di un montone!).

Odierete tutto il paese per la loro incapacità di cambiare.

“… e avevano seguito i loro padri tra le mura del macello con la stessa passività con cui i maiali si seguivano a vicenda dal trogolo alla stanza della morte.”

Odierete questo libro fino all’ultimo capitolo, quando finalmente arriverà la primavera … 

“In questo periodo dell’anno la valle ha una sua compiutezza. Dopo il lungo inverno, ha ritrovato se stessa nel belato grave delle pecore e in quello acuto degli agnelli; … Promessa, dice tutto. Promessa.”

… ma come avete intuito, più che una promessa, si tratta di una minaccia.

“Il giorno del diavolo” – Andrew Michael Hurley – Bompiani – pag. 345


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